Articolo del 03/12/2024
L’ultima definizione delle ISSVD: (The International Society for the Vulvovaginal Disease)- ISSWSH (International Society for the Study of Women’s Sexual Health) definisce la Vulvodinia, come un dolore vulvare intermittente, immediato o ritardato, presente da almeno tre mesi, senza una causa chiara e identificabile che può avere potenziali fattori associati. Una donna su sette è affetta questa patologia invisibile ed è quindi fondamentale offrire a queste donne una tempestiva diagnosi che permetta di bloccare quel meccanismo eziopatogenetico che autoalimentandosi, può indurre alla sensazione sgradevole al semplice sfioramento (allodinia) fino alla comparsa di dolore di origine neuropatico.
Questa patologia colpisce solo le giovani donne o riguarda tutte le donne? Quanto è importante la tempestività della diagnosi?
Approfondiamo l’argomento con la Dottoressa Raffaella Delfini, ginecologa della clinica Ars Medica.
La sintomatologia della vulvodinia, in aggiunta all’assenza di lesioni apparentemente visibili, può essere fuorviante, indirizzando verso una patologia di tipo infettivo o infiammatorio che può, seppur necessariamente, dilatare il tempo diagnostico e terapeutico. Le donne riferiranno irritazione, dolore allo sfioramento, indolenzimento, secchezza, sensazione di abrasione, gonfiore, scosse elettriche.
Quali sono le donne maggiormente colpite?
In genere si pensa che la vulvodinia coinvolga solo le donne in giovane età, ma tra i fattori che possono causarla c’è anche la riduzione del trofismo vaginale (atrofia), che può interessare maggiormente le donne over 40.
Da dove inizia il percorso diagnostico?
Tutto inizia dall’incontro medico paziente e dall’anamnesi, un primo step fondamentale per evidenziare fattori di rischio come infezioni recidivanti cervico-vaginali ed urinarie, la storia ostetrica, allergie, terapie ormonali, sindrome dell’intestino irritabile e fattori psicosociali. La diagnosi prevede in primis l’esclusione di potenziali cause di dolore vulvare quali; neoplasie, patologie infiammatorie, patologie neurologiche ed infezioni in atto. Molto spesso la Vulvodinia si evidenzia come vestibolodinia che è la forma più frequente di vulvodinia localizzata la quale può essere spontanea o evocata. La forma evocata è la più frequente è può essere indotta dai rapporti sessuali, dal solo stare seduta, dall’attività fisica o anche dalla visita ginecologica, se non condotta da personale esperto. La valutazione della sensibilità vestibolare, l’ispezione della vulva, rappresenta il momento diagnostico più importante e la si valuta con test appropriati (swab test). L’ultimo momento diagnostico studia la componente muscolare al fine di evidenziare eventuali stati di ipertono della muscolatura del pavimento pelvico.
Esiste la miglior cura?
La terapia della vulvodinia non prevede un approccio terapeutico standard, ma è fondamentale una cura personalizzata e multidisciplinare. La patologia è multifattoriale quindi, non esiste una cura unica per tutte le pazienti perché ognuna rispecchia la propria complessità. Oggi sono disponibili diverse opzioni di trattamento che possono consentire alle donne di ritrovare una vita normale e un’intesa di coppia soddisfacente. Le terapie possono essere locali o sistemiche senza trascurare un approccio integrato con terapie riabilitative e desensibilizzanti.
Quali sono gli obiettivi della terapia?
- Riduzione dei fattori scatenanti e degli stimoli irritativi;
- Blocco dell’ipersensibilità vestibolare;
- Trattamento delle disfunzioni del pavimento pelvico;
- Trattamento delle implicazioni psicologiche e sessuali della sindrome dolorosa
In Ars Medica al centro c’è sempre il paziente e il dialogo e la confidenza tra medico e paziente è il primo passaggio per la collaborazione terapeutica unita alla ricerca scientifica che ogni giorno apre nuove possibilità di miglioramento per una patologia che ha ancora qualcosa da svelarci.